TEMPIO DI GIOVE OPTIMO MAXIMO O DI GIOVE CAPITOLINO

 

 

 

VESPASIANO, sesterzio.

 

 

Il tempio di Giove Ottimo Massimo o di Giove Capitolino, dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva) era il più importante di Roma. Il tempio, esastilo e periptero su tre lati (senza colonne sul lato posteriore), occupava la sommità meridionale del Campidoglio ed era il più grande tra quelli presenti a Roma: misurava infatti circa 53 metri di larghezza per 62 metri di lunghezza. L’accesso avveniva attraverso un'ampia scalinata e al suo interno vi era una cella tripartita la cui parte centrale era dedicata a Giove mentre le stanze laterali rispettivamente a Giunone e a Minerva.

La statua di Giove era stata realizzata dallo scultore veiente Vulca, autore del celebre Apollo di Veio.

Sulle monete e sui rilievi storici di età imperiale il tempio è raffigurato come tetrastilo. Davanti al tempio avevano termine le cerimonie trionfali e vi si svolgevano le assemblee solenni del Senato, oltre ai sacrifici augurali dei nuovi consoli. Vi erano depositati gli archivi con le relazioni diplomatiche tenute con i vari popoli ed i Libri sibillini.

La sua fondazione sembra risalire al 575 a. C. ad opera del re Tarquinio Prisco,[1] i lavori furono continuati dal re Tarquinio il Superbo,[2] ma il tempio fu inaugurato il 13 settembre del 509 a. C. da Marco Orazio Pulvillo, uno dei primi consoli della Roma repubblicana. All'inizio del III secolo a. C. una quadriga bronzea, che sostituì la precedente fittile, fu posta sul tempio mentre nel 192 a. C. vi vennero apposti degli scudi dorati dagli edili curuli Marco Emilio Lepido e Lucio Emilio Paolo.

Il tempio fu quasi totalmente distrutto da un incendio nell'83 a. C. e con esso i Libri sibillini.[3] La ricostruzione in pietra, voluta da Lucio Cornelio Silla, fu affidata a Quinto Lutazio Catulo che la terminò nel 69 a. C. La statua di culto principale, distrutta dall'incendio, fu sostituita nel 65 a. C. da una statua crisoelefantina, scolpita dall'artista ateniese Apollonio, probabilmente sul modello di quella di Zeus a Olimpia. Interventi di restauro si ebbero sotto Augusto, e Svetonio riporta:

 

 [...] e così [Augusto] fece portare al santuario di Giove Capitolino sedicimila libbre d'oro, con pietre preziose e perle per un valore di cinquanta milioni di sesterzi.

 

(Svetonio, Augustus, 30)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DOMIZIANO, denario.

 

 

Durante le guerre civili, mentre le legioni fedeli a Vespasiano stavano velocemente avanzando su Roma, un gruppo di suoi sostenitori si era ritirato nel tempio dove sperava di resistere all’assedio del Campidoglio abbastanza a lungo per essere salvato dalle legioni in arrivo. Ma i soldati di Vitellio, alla fine del 69, fecero irruzione all’interno del tempio e lo diedero alle fiamme un giorno o due prima che la città venisse liberata. Tra gli assediati vi era anche il futuro imperatore Domiziano diciottenne che riuscì a scampare nascondendosi. In seguito a quest’incendio il tempio fu riedificato nel 75. Dopo un nuovo incendio scoppiato nell'80, venne ricostruito sotto Tito e Domiziano.

 

 

DOMIZIANO, asse con l’imperatore che compie un sacrificio davanti al tempio di Giove.

 

 

Durante il sacco di Roma del 455, il tempio di Giove Capitolino subì un grave danneggiamento ad opera dei Vandali di Genserico.

Templi minori, sacelli, trofei e statue monumentali occupavano l'area antistante: più volte si dovette procedere a fare spazio come fece Augusto che trasferì statue e numerosi monumenti al Campo Marzio.

Dell'antico tempio oggi abbiamo resti molto scarsi.



[1] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, I, 6.

[2] Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, I, 8; Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 1.27 e 1.44.

[3] Dionigi di Alicarnasso, IV, 61.